Antonella Benanzato – Tra il finito e l’immenso

Creare un’opera d’arte è creare il mondo.

Vasilij Kandinskij

 

 

Non è chiaro dove finisca Antonella Benanzato e dove abbiano inizio le sue opere: durante le sue intense performance, osservare il suo procedere artistico è fonte di profonda quiete per lo sguardo e di appagamento per l’anima. L’incalzare ritmico del suo tratto incisivo delinea un nuovo linguaggio che, al pari di un idioma antichissimo, risulta in grado di destare un universo visionario, tanto prossimo al futuro più lontano quanto vicino al passato più remoto. Capace di addentrarsi tra le profonde viscere dell’arte, l’artista ritorna al momento primigenio, in cui un gesto volontario ha dato origine a un mondo di cui gli esseri umani non avevano ancora potuto godere o dal quale, secondo le più antiche narrazioni, si erano allontanati, smarrendo per sempre la possibilità di godere della somma bellezza. La linea della Benanzato sa oltrepassare i limiti del tempo per inoltrarsi nella più intima essenza delle cose, caricandosi di un battito vitale e, al pari di questo, pulsare di un’energia vitale che obbedisca a un ritmo costante, dalla natura autonoma e del tutto sconosciuta. Il tratto sembra prendere vita ed evocare presenze che si aggirino in una dimensione altra, che è quella tipica dello spirito, rimanendo in perfetto equilibrio tra la finitezza dell’uomo e le infinite possibilità della sua coscienza. La quiete che permette il generarsi di nuove forme vitali è bene espressa da campiture orizzontali che, come acque primordiali, accolgono il seme dell’idea, che in esse si adagia per germogliare in un processo ritmico che scandisce il tempo tra ciò che si è e ciò che si conosce. La tensione dell’anima è palpabile nell’elevarsi di linee verticali che si elevano unitamente ai moti interiori, dando origine a uno spazio pittorico in continuo mutamento. Come Kandinskij , Klee e Calder, l’artista non si limita a riprodurre la realtà, bensì ne suggerisce la forma attraverso una progressiva astrazione, ne coglie respiro, gesto, musicalità. Per così dire, la Benanzato sembra saper penetrare l’anima segreta della natura, quella che trattiene l’incessante ritmo interiore della vita, invisibile oggi ai più ma ben chiara alle popolazioni primitive, le stesse che sulle pareti della Val Camonica incidevano i contorni del proprio mondo attraverso una sintesi carica di significato simbolico. Il suo profondo legame con la musica le permette una coscienza sinestetica, capace di tradurre in pittura la lingua nascosta del creato. Tra simmetria e asimmetria la vita si dissolve e si ricompone progressivamente in forme nuove, in un movimento ciclico che garantisce fluidità, dinamicità e sopravvivenza. Il cerchio, emblema dell’infinito, trova spazio sulla tela espresso da un gesto sicuro, che lo colloca all’interno dei tracciati attraverso una fusione armonica. Tracce segniche essenziali trasformano i sentimenti interni in intense suggestioni esterne; Antonella Benanzato sa ripercorrere le orme dei padri alla ricerca di un nuovo Eden in cui l’anima, memore della sua profonda identità, possa adagiarsi in una nuova definitiva Verità.