Un cammino lungo un anno: i 12 mesi di Alessandra Carloni

Caminante, son tus huellas
el camino y nada más;
Caminante, no hay camino,
se hace camino al andar.
Al andar se hace el camino,
y al volver la vista atrás
se ve la senda que nunca
se ha de volver a pisar.
Caminante no hay camino
sino estelas en la mar.

  • Machado)

 

Dodici viandanti per dodici mesi. Dodici figure allegoriche che accompagnino un anno e gli inevitabili cambiamenti che questo porta con sé, che guidino una ricerca incessante quale è il cammino dell’uomo, ché pare un destino inevitabile quello di avventurarsi su percorsi ardui, controvento, con la luce negli occhi, per ritrovare il senso perduto della propria consapevolezza. C’è un tempo per il viaggio e un tempo per l’attesa che permette di interiorizzare ciò che si è intensamente vissuto. Ecco snodarsi Maggio, Giugno, Settembre, Novembre, custodi delle lancette dell’orologio, della sabbia delle clessidre, del sole delle meridiane, guardiani della memoria e del silenzio, mesi che permettono di fissare in modo indelebile momenti fuggevoli ed emozioni che altrimenti, lungi dal diventare sentimenti riconosciuti, rimarrebbero in balia di un vento capriccioso. C’è un tempo per capire perché si è scelta quella meta, e chiedersi quale sarà la prossima, rimanendo in stabile equilibrio tra il partire e il restare; ci sono i melanconici Dicembre, Febbraio e Giugno a suggerire la necessità dell’uomo di indagare i propri confini. Sfilano Marzo e Aprile, entità inquiete che preludono a una natura nuova, foriera di sensazioni contrastanti che sono doni di passato e futuro; infine Luglio e Ottobre, mesi in cui l’andare si fa movimento risoluto, inarrestabile e proprio dell’anima. Il viaggio si fa memoria, la memoria bagaglio, il bagaglio spunto di ricerca per nuove mete. Il percorso diviene ciclico, così come lo sono gli anni della vita e lo scorrere del tempo. Come in Modigliani, lo sguardo assente si fa metafora dell’occhio rivolto all’interno, e il lavoro di Alessandra Carloni – se pur spesso esposto all’esterno, in grandi murales all’interno di spazi pubblici- si mostra nella sua vera identità: un operare verso la propria interiorità, un invito per ciascuno a riscoprire cosa spiritualmente lo muova. Uniti da un unico fil rouge stilistico e contenutistico, i Mesi di Alessandra Carloni dimostrano con il loro muto esistere come l’inquietudine possa essere domata e compresa attraverso l’operare artistico, in un delicato fare figurativo che esorta a vivere con piena coscienza il proprio tempo.